martedì 18 maggio 2010

ieri


Backstage dei miei articoli... era (è?) la vocazione di questo blog.
Vediamo... cosa ho imparato ultimamente con il mio lavoro?
Potrebbe uscirne fuori un enorme elenco della spesa.
Ad un workshop ho imparato che mi piacerebbe saper affrontare un colloquio in inglese ma, come si dice, tra dire e fare c'è di mezzo il mare... Del resto ne avevo avuto prova a Londra qualche anno fa dopo la figura barbina del colloquio da Furla. Evabbè :)
Poi: ho imparato che l'intimo base, ok, lo conosciamo tutte ma le infinite varianti degli accessori e della lingerie sono come un magico labirinto da cui non ho poi tanta fretta di uscire...
Ma soprattutto ieri sera ho visto e imparato.
Per me, figlia di medico, l'ospedale ha sempre fatto pensare a papà, ai baci e gli abbracci dei suoi colleghi quando ero bambina. Tutti sorridenti, affabili. Anche quando sono stata ricoverata per togliermi l'appendice sono stata bene. Ieri invece ho visto com'è un ospedale quando sei una persona come tante.
L'umanità che soffre ti accoglie, persone affabili si ci sono, ma cariche di lavoro, non riescono a darti retta.
Forse ho avuto paura. Quando? Quando la signora con l'Alzhaimer voleva uscire a tutti i costi dal letto ed era seminuda. Quando due bucatini hanno vomitato nel corridoio. Quando dalla sala della tac si sentivano le urla di chi aveva paura. Quando ho visto una signora in barella che non aveva nessuno, nessuno accanto ad ascoltarla mentre chiedeva aiuto.
Allora mi sono chiesta in che mondo vivo. E mi sono detta che anche questa è vita.
E che nonostante la sofferenza, l'umanità mi piace. Che anche la solidarietà e l'umorismo che si creano con due vecchine in stanza (una rustica e tenera, una colta e con l'Alzhaimer) che non rivedrò mai più, è vita.
E mi piace. Nonostante tutto.

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