martedì 27 dicembre 2011

Xmas question: e se Gesù fosse stato un freelance?


Lui è Alcy: insieme ci poniamo molte domande :)


Ho sempre apprezzato gli insegnamenti di Gesù.

È su questi che avrei dovuto riflettere mentre festeggiavo il Natale.
Invece i pensieri nuvolosissimi dei giorni precedenti alla vigilia mi hanno abbandonata solo per lasciare spazio ad una nuvolosissima sensazione di invisibilità tipica delle Feste in famiglia, quando la famiglia sono quei parenti che non vedi da più o meno un anno e con cui nella vita ti sei scambiato sì e no 30 parole.

Ma tant’è.
La bella notizia è che ho superato i 30 anni.

Anni sufficienti per tagliare il cordone ombellicale e costruirmi un Natale su misura, circondata da affetti veri, quelli che mi sono costruita negli anni.
E così farò, giurin giuretto.

martedì 20 dicembre 2011

Sotto l'albero vorrei...




C’è una parola che girava sempre intorno ai miei discorsi quando ero all’università: leggerezza.

La cercavo. Pensavo che trovandola sarei stata felice.

Ma tanta tanta leggerezza porta poca poca progettualità.

Così, quando mi sono ritrovata con il "cambio" della mia vita bloccato in folle e dunque abbastanza spaesata, ho mandato a quel paese la leggerezza e sono diventata una persona concreta.

Magari lo ero anche prima ma... a tratti. Tratti brevi.

lunedì 12 dicembre 2011

Tutorial: come trovare l'atteggiamento giusto per ogni boss (con qualche eccezione)


Una volta, parlando durante un aperitivo di una vecchia “capa”, mi ricordo che una vocina accanto a me, che al tempo avevo considerato snob, mi aveva risposto: “Mi Visulta difficile pensaVe che una fVee-lance abbia un capo”.

Simpatica.

Io, come non immaginarselo?!, mi ero sentita subito da meno rispetto alla Illustre Impiegata (che volete fa’, è la lotta tra poveri!) e m’ero azzittita.

Perché? Perché lavoravo da poco, ora lo so.

Sì, perché adesso non avrei problemi a dire che una free-lance non ha un solo capo, ha proprio tanti referenti, redattori, coordinatori di redazione, ecc. a cui rendere conto.

lunedì 5 dicembre 2011

Cameo burlesque

I vestiti di scena mi fanno sognare. Altro che griffe. 


Lo sapete che sono un’appassionata di costume?
Credo sia facile immaginarlo di una che ha scritto un libro sulla Lingerie ed uno sui Jeans ma... non si sa mai.

Di sicuro lo sa mia cugina.

Mia cugina, quella che ho travestito da piccolissima con degli avanzi di stoffa durante un pranzo di famiglia, lasciandole un segno così profondo (o un trauma così indelebile, interpretazione a scelta) da indurla a lanciarsi, in età adulta, sulla strada del burlesque.

Insomma, la mia “vittima” mi ha invitato ad un workshop di costume burlesque proprio nei giorni in cui il partner bizzoso era in viaggio, tò!

Penso: perfetto. E vado.

Quante domande mi sono posta? Solo una: perché mia cugina mi vuole così male da farmi svegliare prima delle 10 del mattino durante il week-end?

Ma la voglia di curiosare ha avuto la meglio e dunque...

Dunque, senza troppe aspettative (ma con uno spirito assolutamente aperto, come non mi succede quasi mai) varco la soglia di Lab Costume in netto ritardo, struccatissima, con le sneakers. Un disastro.

Qui Milky, la cugina burlesque, con il costumista, Emiliano

Ad aspettarmi, per fortuna, non ci sono damine incipriate, ma una performer appassionata della storia del burlesque e ragazze venute qui per imparare a realizzare deliziosi e vezzosissimi capi.

Singer, colori, fili, nastri e tanto altro... ecco un laboratorio che fa sognare. 

E infatti, con cartoncino, ago, filo, paillettes e raso in pochi minuti imparo a realizzare un tassel (copricapezzolo con nappina). Fantastico, no? Peccato aver suggerito alla burlesquissima parente di utilizzarlo come spallina per un look alla Michael Jackson... lo farà? Mmm, dalla faccia non sembrava convinta ;)

Questo delizioso oggettino in rosso non è un mini cappello cinese ma... un tassel fatto da me :)


Passiamo alla giarrettiera: raso, pizzo, forbici... Il mix di colori dei nastri mi piace: li voglio tutti! Ma ne posso scegliere solo due. Per poi cucirli con il pizzo. E mentre premo sull’acceleratore (leggasi pedale) della macchina da cucire facendo inevitabili casini, penso che mi sto divertendo un mondo, rispolverando quelle vecchie passioni che avevo lasciato nel dimenticatoio. 

Perché le avevo lasciate lì? 

Forse perché avevo meglio da fare in quel momento. 
O forse perché la gioia di ritrovarle batte tutto, e fa fare le capriole al cuore. 

Ed ecco: sono felice.
Lo penso mentre esco dal laboratorio con il sorriso.
Mentre salgo in macchina leggera.
Mentre abbraccio il cucciolo tornato a casa.

Con cui non userò né giarrettiere né tassels per farmi amare.

Ma so che giocare con loro mi ha fatto amare di più me stessa.

E non potevano mancare i cappelli... e se tornassi a realizzarli? Sento già l'urlo alla Munch del mio fidanzato... 
   

giovedì 1 dicembre 2011

Vaniglia&Cioccolato




Volevo fare una fuga alla Vaniglia e Cioccolato.

(Piccolo riassunto: nel libro di Sveva Casati Modignani la protagonista, esasperata, molla tutto e va a vivere in una vecchia casa al mare)

Perché...

Perché è romantico.
Perché volevo sentirmi pioniera di una nuova vita.
Perché scappare é facile e nelle difficoltà sembra molto affascinante.

Ma non è successo.

E quello che è rimasto è... vaniglia e cioccolato. Ma da mangiare. E vivere.

Vaniglia e cioccolato che si mixano perfettamente in un’inchiesta che sa anche di te.
Vaniglia e cioccolato che si baciano nel ciambellone della mattina.
Vaniglia e cioccolato che si scontrano nelle parole di un litigio.

Perché in fondo una fuga perde tutto il suo fascino se significa rinunciare a questi due gusti, no? ;-)