domenica 27 novembre 2011
D come donna, anzi donne
Mi sveglio. Mi preparo. Faccio colazione ed esco di casa.
E poi le incontro.
Sono loro, un esercito: mamme, impiegate, faccendiere, single, amiche, annoiate, infastidite. Sempre, sempre di corsa. Donne.
Ho visto il film, Donne, quello del 1939 che mi faceva l'occhiolino da troppo tempo dalla mia videoteca.
L'avevo iniziato due anni fa da sola a casa. Nella casa dove vivevo da sola. E l'avevo trovato alquanto patetico.
Ho premuto stop e ho continuato la mia vita per altri due anni.
L'ho ripreso adesso, seduta sulla mia poltroncina rossa, davanti allo stesso schermo trasportato nella casetta per due. E mi è piaciuto, tantissimo.
Mi è piaciuta l'ambientazione e le donne, appunto, che sono tante, tutte diverse tutte piene di voglie, di entusiasmo, di energia da vendere.
Ma tutte, anche la protagonista (la mia preferita, la donna con l'indole che amo e che vorrei avere), fragili. Sì, fragili.
Così, non mi sono sentita sola.
E rispecchiandomi nella loro fragilità, non mi sono sentita più neanche fragile.
Insomma, mi sono chiesta: e se la fragilità stesse alla donna non come una menomazione (come ho sempre pensato finora) ma come una parte fondamentale del proprio sentire, del proprio modo di vedere e vivere (a volte) il mondo?
Se questa fragilità fosse solo una parte dell'anima più segreta ma anche affascinante, tanto da potersi tramutare in un punto di forza?
Ecco, è questo che ho pensato vedendo Donne.
Un film da tenere nella propria videoteca.
E gustare accoccolate in una poltroncina rossa.
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